LA BIOMECCANICA.-cosa fa e a cosa serve

LA BIOMECCANICA.-cosa fa e a cosa serve

Il biomeccanico è un lavoro affascinante e per certi versi molto innovativo. L’essere umano è una macchina complessa ma pur sempre una macchina anche se di natura biologica. Al pari di un mezzo costruito, o meglio, copiato dall’ingegno umano, la macchina motoria umana ha un telaio, sistemi di snodo, motori, sistemi di trasmissione e di controllo centralizzato dei vari apparati e sotto-apparati.

Il corpo umano è costituito da sistemi e sottosistemi in equilibrio tra loro e l’alterazione di questo equilibrio crea compensi / scompensi che a lungo andare possono creare patologie.

La ricerca dell’equilibrio alterato e la proposta delle possibili soluzioni è il primo compito del Biomeccanico.

Spesso assisto a richieste di esecuzioni motorie relativamente ad un gesto sportivo da parte di allenatori o maestri di sport. Ad esempio la richiesta di alzare di più il braccio in una battuta nel tennis oppure una posizione del tronco differente nel superare una porta nello sci. Peggio ancora quando un docente di sport chiosa con una battuta sul come il proprio atleta/giocatore corra male. Ma se l’atleta delude il suo allenatore non riuscendo a riprodurre il movimento richiesto, altrettanto fa l’allenatore nei confronti del suo assistito non riconoscendo che probabilmente sono le limitazioni funzionali ad impedire a quel giovane atleta la perfezione richiesta. Se, ad esempio, uno ha una limitazione di ROM alla spalla, come batterà la palla nel tennis? Se è in blocco di bacino oppure se ha un arto più corto, come farà a correre bene?

Questo è dunque il primario lavoro del biomeccanico ossia identificare le limitazioni funzionali, capire i compensi e sapere se e dove correggere il problema con esercizi specifici.

Contrariamente a quello che si pensa, per noi la biomeccanica non va fatta solo in laboratorio, cioè in una situazione protetta ma spesso distante dalla realtà. Va anche fatta sul campo o comunque fuori dal laboratorio, in una situazione realistica di gesto atletico oltre che di normalità dello stesso.

La biomeccanica in altre parole si occupa dell’efficienza per aumentare l’efficacia. Cosa significa tutto questo? Sicuramente un giovane atleta, dotato e potente, che vince le gare nel suo sport è quindi efficace, ma se nell’eseguire i gesti dello stesso non è efficiente con il tempo l’efficacia diminuirà e il rischio di infortunarsi aumenterà. Ad aumentare le difficoltà peserà l’età, infatti con il passare degli anni una situazione di inefficienza motoria si farà sentire non solo sulla prestazione ma anche nei confronti dell’integrità fisica e delle risorse fisiche spese per la gara.

Ho citato la performance cioè la resa nella gara e il risultato della stessa da parte dell’atleta. Come vi incide, (se incide) il biomeccanico?

La biomeccanica negli sport a catena cinetica aperta e in quelli a catena cinetica chiusa.

Sport a catena cinetica chiusa:

Un esempio di questo tipo di sport è il ciclismo, ma gli stessi principi valgono per il canottaggio, il bob o sport similari. In questi sport come si configura la biomeccanica’ Cosa è in grado di dare?

L’analisi biomeccanica in uno sport a catena cinetica chiusa non si limita a informare l’atleta e la squadra sugli angoli nella messa in sella oppure sull’altezza della sella stessa o altri parametri di bike fitting che possono essere dedotti da tecnologie diverse tra loro e tutte probabilmente valide, ma valuta funzionalmente il movimento, i compensi e l’efficienza dell’atleta sul mezzo vincolante.

Un esempio di questo è la capacità dell’atleta di avere un ritorno venoso ottimale anche in condizioni di vincolo.

Coloro che studiano o hanno studiato fisiologia sanno quanto sia rilevante il ritorno venoso nello sport di endurance, importante per la performance (la gittata) cardiaca e metabolica del soggetto sotto sforzo.

Esiste una biomeccanica del ritorno venoso, una biomeccanica respiratoria, una biomeccanica che valuta i carichi interni ed una quelli esterni e li correla a favore di importanti benefici per l’atleta e non solo di salute.

La biomeccanica e non il bike fitting rileva punti del movimento in cui il soggetto è in difficoltà motoria.

Ad esempio nel ciclismo conoscere il punto morto di ogni singolo atleta relazionandolo al suo tipo di pedalata ha forte valore sulla sua efficienza motoria.

L’analisi della dispersione termica relativa al movimento richiesto è un’altro parametro di efficienza motoria sia negli sport a catena cinetica aperta che in quelli chiusa.

Il soggetto professionista raffigurato da quest’immagine termografica lamentava la sindrome del piriforme, problematica che lo ha indotto a ritirarsi al Giro d’Italia ed al Tour de France. L’iperattività destra, zona del problema, a carico degli ischiocrurali evidenzia un disequilibrio tra le due parti del soma.

Siamo convinti che la Biomeccanica nel ciclismo non è il classico bike fitting perché per riconoscere problematiche anatomiche o di natura fisiologica è necessario avere competenze universitarie nelle succitate materie, altrimenti creeremo posizioni in bicicletta non funzionali determinando nella maggioranza dei casi condropatie limitanti.

Facciamo un esempio: l’altezza della sella come la determiniamo?

Nella maggioranza dei casi si usano formule matematiche che partono dall’altezza del cavallo, ma sono queste corrette?

Esattamente dove li mettiamo i muscoli degli arti inferiori? E se fosse corto dietro? Se la situazione muscolare è questa posizionando l’arto al punto morto inferiore metteremo in crisi il cavo popliteo.

Alcuni potrebbero argomentare che nel ciclismo ciò che conta è la muscolatura estensoria degli arti inferiori, che nel ciclismo si spinge con la gamba e non si tira.

In realtà l’immagine sopra dimostra che il gesto nella bicicletta è più complesso di quello che sembra. Pensare che il rapporto ciclista/bicicletta sia un semplice fatto meccanico è fuorviante e pericoloso per chi subisce una messa in sella non rispettosa della fisiologia dell’individuo che abbiamo di fronte. Chi ha le competenze per fare questo? Un meccanico, un ex professionista oppure un magazziniere appassionato di ciclismo e granfondo con l’hobby della messa in bicicletta? Penso seriamente che bisogna rispondere di no.

Possiamo dire che l’esecuzione di una corretta biomeccanica negli sport a catena cinetica chiusa non solo può prevenire disturbi e patologie ma può influenzare anche in modo importante la prestazione.

Purtroppo il lavoro del biomeccanico e spesso confuso con quello di “praticoni” che hanno fatto due o tre giorni di corsi oppure, peggio ancora, si sono fatti la loro esperienza sulle spalle magari della salute altrui. Parlo di pseudo-professionisti che applicano spesso regole di cui in realtà non conoscono le basi ma che si tramandano tra loro come verità bibliche. Con che risultato? Che una scienza utilissima e seria come quella della Biomeccanica viene vista svilendola come la scienza dei praticoni, di quelli che mettono in bici a sensazione o che se usano la tecnologia lo fanno per stupire il cliente, il malcapitato. Puro marketing.

Non voglio sollevare polemiche o guerre puniche ma chi ha intelligenza ragioni su quanto scritto e decida da sé se lo trova logico. Rifletta sulla differenza del Bike fitter e del biomeccanico e risponda a domande come:

Che senso ha fare la biomeccanica su simulatori quando le misure di trasferimento sono lasciate all’operatore con tutti i rischi di errore di misura? Pedalare su simulatore è come pedalare con la propria bici sia dal punto di vista psicologico che fisico? Dato che ognuno di noi è diverso dagli altri e spesso in modo importante che senso ha una “biomeccanica” con protocolli rigidi (chi tutti in dietro di sella, chi tutti altissimi, chi tutti avanti) uguale per tutti? Chi ha le competenze per valutare la nostra macchina motoria?

Gli sport a catena cinetica aperta o di situazione.

Anche in questi sport (calcio, tennis, rugby, basket e simili) la figura del biomeccanico è una figura rilevante.

Anche in questi sport ci confondono con video analisti, match analisti o simili. E’ vero che la dinamica del gesto tecnico è biomeccanica ma è solamente una piccola parte della stessa. Come ricorderete nella mia introduzione dicevo: “come può un maestro di tennis chiedere al proprio allievo di alzare la spalla nella battuta se ha una limitazione funzionale?”. E’ ovvio che ognuno ha le proprie competenze e generalmente non credo che a tutti i maestri sia nota la definizione di “limitazione funzionale” o meglio quando per quel soggetto quel movimento diventa limitante. Questo è compito del biomeccanico che lo dovrà identificare e notificare a chi sa come deve essere eseguito il gesto e che saprà allora come portare il proprio atleta allo standard richiesto. D’altronde se non sappiamo di un problema come facciamo a parlare delle sua soluzione o addirittura risolverlo?

Quindi alla domanda: “deve il biomeccanico per essere un bravo professionista aver praticato lo sport per cui lavora?”. La risposta è no!

Il biomeccanico deve conoscere bene le leggi fisiche, anatomiche e fisiologiche del corpo umano e saperle applicare al movimento, Il biomeccanico non lavora da solo e se gli fosse richiesta l’analisi del gesto di uno sport che non ha mai praticato si avvarrà di un maestro o di un’esperto di quello sport con cui si confronterà.

Immagino che qualcuno dei miei lettori possa non essere d’accordo. A questi quindi chiedo di ragionare su questo fatto: un buon psicologo dello sport deve aver praticato tutti gli sport per poter dare consigli in merito? Eppure la componente psicologica nello sport spesso pesa più di tutto il resto. E’ ovvio che rispondiamo di no. Quindi come lo psicologo è esperto di aspetti relativi alla sfera cognitiva e mentale cosi il biomeccanico lo è di quelli fisico-meccanici e altrettanto non necessita di particolari competenze tecniche.

Qual’è dunque il compito del biomeccanico negli sport a catena cinetica aperta?

Contrariamente a quanto abbiamo visto per quelli a catena cinetica chiusa non influisce se non molto marginalmente sulla prestazione ma molto invece sugli aspetti preventivi.

Paragono spesso il dato biomeccanico in questi sport al denaro, è come se il professionista raccogliendo informazioni e dati mettesse sul “tavolo” del team del denaro che poi sta al team di lavoro decidere come spendere. In altre parole le informazioni generate dal mio lavoro sono a disposizione di figure che all’interno dello staff presiedono aree importanti ma diverse tra loro come quella della preparazione atletica o quella della riabilitazione o quella della prevenzione. Sono poi queste figure che devono attuare programmi di lavoro che, se lo desiderano, terranno conto dei dati e delle informazioni raccolte. A volte, non ultimamente, mi può venire richiesto un parere nell’offrire una soluzione diversa da quella che può avere in mente il preparatore o il medico della squadra, in casi come questi, sapendo rispondere, la mia figura professionale diventa attiva nel fare prevenzione degli infortuni e anche nel migliorare l’efficienza muscolare altrimenti siamo meri esecutori di test…….inutili ai fini preventivi se le nostre indicazioni non vengono richieste e ascoltate. Ho imparato con l’esperienza che un team di lavoro unito, vincente ed innovativo è quello che sa parlare ed ascoltare senza preclusioni e pregiudizio, dove prevale passione con un pizzico di umiltà condita da curiosità.

Quindi come biomeccanico nel calcio o attività similari proponiamo test, sport specifici ed allenanti da palestra e da campo al preparatore ed al responsabile del recupero infortunati con l’obbiettivo di conoscere meglio chi stiamo allenando e forniamo risposte su come questo atleta sta reagendo all’allenamento che subisce.

Valutazioni della postura statica e dinamica, del cammino o della corsa con i relativi parametri sono la base da cui si sviluppano poi gesti più complessi, queste valutazioni possono essere fatte in campo oppure in laboratorio.

Comprenderete che se un soggetto è già alterato in schemi motori di base lo sarà ancor più nella dinamica della propria attività sportiva.

Alterazione negli appoggi oppure lunghezze di arti differenti tra loro, poca mobilità articolare in particolare a livello del bacino e della sacro iliaco o disequilibri e rigidità muscolari posso gravemente alterare il gesto immaginato dall’atleta a livello cinestetico portandolo ad eccessi a lui non possibili con danni di natura muscolo tendinea.

Un altro importante argomento è la valutazione degli appoggi del piede, un buon biomeccanico non può fare a meno del podologo, sopratutto in quegli sport dove vi è una relazione suolo – piede l’analisi di quest’ultima parte anatomica e della sua funzione è cardine al mantenimento in salute del giocatore.

Mi è capitato, purtroppo di lavorare con persone, anche medici, chiuse mentalmente che non credono al lavoro (serio) di natura podologica, questi professionisti negano in altre parole l’utilità del piede eppure si portano dietro i propri e se li custodiscono anche gelosamente con scarpe spesso di qualità e molto costose.

Negare l’alterazione posturale e della gait line di un alluce valgo significa negare l’esistenza dell’aria, proviamo a notare quanti atleti calciatori, tennisti, cestisti e simili hanno a motivo delle calzature usate un alluce in valgo e magari anche in blocco.

E che dire di un piede piatto che non riuscirà ad ammortizzare le forze 5 volte il peso del soggetto traumatizzandosi ad ogni impatto, oltre che ridurre l’efficacia del ritorno venoso. Inoltre quando il problema è monolaterale si crea un’ipometria da appoggio podalico. E se includessi nei casi esempio un super pronatore con valgismo dinamico (fortemente a rischio di rottura del crociato) aggiungerei poco o molto?

Ovviamente la gestione dei singoli casi è differente, così come la valutazione del soggetto durante l’allenamento una volta identificata la sua area di maggior debolezza o di rischio biomeccanico con valutazioni “protette e riproducibili”.

 

Ovviamente quello che è valido per il calcio vale anche con opportune modifiche per sport di situazione anche se diversi come il tennis oppure il basket.

 

Deve il biomeccanico essere propositivo allo sviluppo di innovazioni che migliorino allenamento ed ambiente in cui allenarsi? Deve il biomeccanico occuparsi di recupero post gara e sonno? Certo può e deve.

 

Spero di avervi dato un’idea chiara di come vedo la biomeccanica oggi, ovviamente un sunto ma sufficiente per capire quanto questa debba essere vicina all’atleta e possa essere al suo servizio per incrementare l’efficienza a favore dell’efficacia di gara e della prevenzione.

Mauro Dott. Testa